Ho appena ricevuto una bruttissima notizia. La morte di un ex collega. Improvvisa, inaspettata. Un incidente in moto. Patrizio se n’è andato così, lasciando la sua famiglia e gli amici più cari in un abisso di dolore. Mi ha avvertito un’amica con un messaggio, di quelli che leggi e rileggi per accertarti di averne capito bene il contenuto. E che ti lasciano senza parole. “Poi ti domandi perché io abbia così fretta di vivere le cose. Perché non esiste un cazzo di contratto con il Padreterno” mi ha scritto Francesca. Ha ragione. Cazzo se ce l’ha. Perché allora ce lo dimentichiamo così spesso? Perché ci capita di trascurarci o mettiamo in disparte le nostre passioni, smettiamo di inseguire i nostri sogni?
Dimenticare i propri sogni
Non dovremmo avere bisogno di questo tipo di lezioni per ricordarci che siamo solo di passaggio e che ogni giorno è un giorno regalato. Mi chiedo chi è che riesce davvero a viverlo come fosse l’ultimo, e come fa. E io quand’è che lo faccio o come posso farlo? E’ difficile pensare di riuscirci mentre si lavora per uno stipendio che per la maggior parte di noi non vale il tempo passato lontano dagli affetti, magari facendo qualcosa che non si ama o con persone che non si sopportano. Ci riusciamo nel week end magari, quando trascorriamo le giornate con i nostri cari?

Il Pignolo ed io al Preikestolen, Norvegia [Maschietta.it]
La malattia di papà: affrontare il cancro
Non sono credente e non riesco a trovare consolazione alle brutte notizie nella fede. Ci ho pensato tante volte da quando mio padre si è ammalato. Un cancro al cervello che fin dall’inizio ci ha lasciato ben poche speranze di guarigione. Davanti a noi si è aperto questo scenario: un numero imprevedibile di mesi di vita di papà fatti di qualche giorno buono e tante settimane difficili. Rabbia e senso di ingiustizia le sensazioni provate quando è arrivata la diagnosi. Rabbia per una fine che sai arriverà presto e in un modo che non augureresti al peggior nemico, senso di ingiustizia perché la malattia di un familiare ti coinvolge e sconvolge la vita di punto in bianco, ti toglie in qualche modo l’autonomia nelle tue decisioni. Non ho neanche pianto, o non quanto mi sarei aspettata. Ricordo di essermi sfogata una sera a casa contro un malcapitato cuscino, mentre ero da sola. Poi il senso di vuoto. E la certezza di dover affrontare i mesi a venire sperando nel meglio e aspettandomi il peggio. È stato semplice? È stato difficile? Non saprei ma quando non hai scelta stringi i denti e vai avanti, affrontando quello che ti arriva addosso.

Papà nel suo amato giardino di casa [Maschietta.it]
Il cancro e il senso di colpa continuo
Sai qual è la cosa più difficile? Tenere a bada il senso di colpa. Per non esserci quanto dovresti, o quanto ci si aspetterebbe da una figlia. Io non riesco a mettere la mia vita in stand-by per il cancro di mio padre. Mi dispiace ma la verità è questa. Ed è dura da accettare, è una realtà che non mi fa sentire del tutto a posto con me stessa e che mi lacera. Voglio continuare a vivere la mia vita, a sorridere, a viaggiare, a fare progetti con Il Pignolo e proprio non riesco ad essere triste. Quando faccio qualcosa di bello, quando mi diverto con gli amici, vado in palestra o sono in viaggio mi sento in colpa per non essere con papà. Quando sono con lui vorrei essere altrove. A chi me lo chiede racconto quello che succede, l’evoluzione della sua malattia e come lui la stia vivendo ma a volte è come se ripetessi un copione imparato a memoria, come se non riguardasse la mia vita. Mi chiedo perché. È normale spirito di sopravvivenza o c’è qualcosa in me che non va?