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Emozioni

Maternità, lavoro e discriminazione per chi non ha figli

By Luglio 11, 2018Luglio 21st, 2018No Comments

Oggi mi sono alzata con il piede sinistro, ti avverto. Mi girano un sacco. Parliamo di discriminazione, ti va? In questo caso non mi addentro su questioni razziali o sessuali ma mi concentro su quelle che chiamo discriminazioni “familiari”. Cosa intendo? Beh, non so se è capitato anche a te però a me, come donna, tutto comincia con le domande sul perché non ho figli. Ecco, io sono una di quelle che orgogliosamente si professa childfree. Non ce l’ho con i bambini ma, semplicemente, non fanno per me. Non ho mai sognato di dar vita alla famiglia Bradford, men che meno il matrimonio “abito bianco, 100 invitati minimo, villone con vista su San Pietro per far invidia ai parenti antipatici” (sentito con le mie orecchie); queste cose non mi sono mai interessate.

Maternità? No grazie. Cambierai idea

Fin da quando sono piccola ho sempre immaginato il mio futuro come quello di una zia un po’ hippie che torna dai suoi viaggi piena di regali per i propri nipoti, raccontando delle sue avventure. “Cambierai idea” mi dicevano quando avevo 15 anni, “il tuo orologio biologico si farà sentire, cambierai idea” quando ne avevo 25, “è il caso che ci pensi perché non ti rimane molto tempo e poi cambierai idea quando sarà troppo tardi” quando ne ho compiuti 35 e alle domande dei conoscenti impiccioni si sono unite quelle di genitori, parenti e amici preoccupati. In tutto questo non ho ancora cambiato idea, il mio orologio è unicamente quello che porto al polso sinistro e grazie sì, ci ho pensato da tempo: essere genitore non mi interessa. Voglio girare il mondo (non sto dicendo che chi ha figli non lo possa fare ma che io voglio girarlo da sola, questo è il punto), voglio vivere in una grande casa in montagna con cani, gatti e un paio di cavalli e non voglio la pancia, i nove mesi di gravidanza, il parto, i pannolini, le notti in bianco, l’allattamento, la scuola, le chat con le mamme, le feste dei bimbi ecc..

no maternitaAvere o non avere figli? Una scelta personale insindacabile

Forse sono strana. O sono semplicemente io, e con me stessa ho fatto pace da tempo. Anzi, a dirla tutta non ho mai litigato con questa parte di me perché non l’ho mai negata né nascosta. Per qualcuno il mio disinteresse verso la maternità rappresenta un problema. C’è chi mi guarda con pietà e commiserazione. Chi rimane convinto che, alla fine, cambierò idea o che mi pentirò della mia scelta (anche se per me non si tratta di una scelta ma semplicemente dell’essere fedele a me stessa). Me ne preoccupo? No, neanche un po’. Le scelte personali degli altri non mi interessano, perché le mie dovrebbero riguardare qualcun altro oltre me e il mio compagno? Il Pignolo ed io siamo sulla stessa lunghezza d’onda ed è solo con lui che devo confrontarmi su questo tema. Adoriamo fare gli zii ma non vogliamo essere genitori. That’s it. E allora perché questo post? Quello che sto scrivendo nasce dalle riflessioni scatenate per alcune situazioni in cui mi sono trovata e che, immagino, capitino anche ad altri.

Non hai figli? La discriminazione sul lavoro

Sto scrivendo una cosa che farà arrabbiare molte donne-mamme, perché spesso alla notizia di una gravidanza vengono licenziate, il loro contratto non viene rinnovato o quando rientrano dalla maternità vengono penalizzate. Lo so benissimo, e questa è una di quelle battaglie per la quale sono felice di combattere, anche se io di figli non ne voglio. Non si parla mai però di chi è come me, uomo o donna che sia. “Non hai figli? Nei giorni di ponte, per le ferie, ha la precedenza chi ha famiglia”. “Il tuo collega non c’è? Beh, è normale, oggi molti fanno ponte e lui ha figli”. “Tu che hai figli a che ora preferisci lavorare?” a cui segue: “Misa il tuo orario è questo”. STOP!

donna seduta su pratoNon ho figli, è vero, ma ho una vita ricca e articolata anche io; non ho figli ma ho una famiglia perché sì, Il Pignolo ed io siamo comunque una famiglia e, soprattutto, non sono io che mi devo adeguare alle esigenze di chi ha figli e delle famiglie degli altri. Chi ha figli, si organizzi. Gioie e problemi sono i suoi. Non sono io che, sul lavoro, devo adattarmi alle necessità di chi ha scelto di diventare genitore (scelto, esatto. Non mi sembra che sia un obbligo). Non sto parlando di collaborazione e di solidarietà tra colleghi. Quella ti assicuro che non manca e non mancherà mai. Pur avendo la fortuna di lavorare con un gruppo di persone intelligenti, con una buona armonia di base e con la propensione a venirsi incontro il più possibile, tutto questo succede abbastanza spesso. Pensa altrove!

La mamma è sempre la mamma

Ci sono appuntamenti fuori orario lavorativo, nel week end o eventi straordinari a cui è necessario partecipare? La richiesta arriva inevitabilmente a chi non ha figli, o al limite agli uomini, perché essere papà è comunque diverso dall’essere mamma. La mamma è la mamma e guai a chi la tocca, da lei non si può pretendere che sia una lavoratrice come le altre. Sai che c’è? Che secondo me questo atteggiamento è discriminatorio nei confronti di tutti:

  1. verso chi non ha figli, costretto a piegarsi alle esigenze di chi ce li ha
  2. verso i papà, genitori di serie B
  3. verso le stesse mamme, perché dalla comprensione per delle mutate esigenze personali a causa della maternità si passa al “non può farlo perché è mamma, da lei non lo si può pretendere perché è mamma” e in un attimo tutto questo si tramuta in una peggiore considerazione delle capacità professionali di una madre, anche quando non è così e la donna in questione è davvero in gamba oltre che una grande lavoratrice.

Non hai figli? Non puoi capire

Ti sto parlando di un atteggiamento che faccio fatica ad accettare con il sorriso perché, se da una parte si tutela qualcuno, dall’altra inevitabilmente si penalizza qualcun altro. Mi ripetono spesso “Tu che non hai figli non puoi capire” e invece no, è proprio perché capisco la fatica della maternità che non ne voglio. Vuoi o non vuoi viene dato per scontato che chi non è genitore (e magari non è neanche sposato) sia più flessibile o disponibile rispetto a mamme e papà che lavorano. Seguimi: è un dato di fatto che nei colloqui si chieda al candidato, soprattutto alle donne, se sia coniugato o se intenda avere figli (domande tanto inopportune quanto frequenti).  Sono tutti aspetti della stessa medaglia. E se ci lamentiamo per questo tipo di richieste, com’è giusto che sia, dovremmo anche considerare il fatto che sono figlie dell’atteggiamento di cui sopra.

La cartella clinica allegata al CV

E allora ecco che i datori di lavoro si preoccupano alla notizia di una maternità in arrivo, i capi reparto fanno sorrisi a mezza bocca (soprattutto quando la gravidanza è la seconda), chi offre un posto di lavoro si permette di ritenere normale chiedere informazioni sui tuoi progetti privati. Il prossimo passo sarà chiedere al candidato l’età di genitori o altri parenti per capire se un giorno avrà bisogno di permessi per assistere un familiare malato, o del suo stato di salute, di quello del partner ecc.. Prima o poi ci verrà chiesto di allegare la cartella clinica al CV?

Le esigenze personali e la barca che affonda

Sto estremizzando ma, se ci pensi, non siamo così lontani da tutto questo. Se sul lavoro invece lasciassimo fuori le nostre esigenze personali? Non credo che la rigidità tout-court sia una soluzione praticabile, soprattutto in un momento come questo in cui è richiesta sempre una grande flessibilità, ma la risposta non è organizzare un gruppo di lavoro in base alle necessità private di ognuno. In questo caso come si può decidere una gerarchia delle esigenze? In quanto strettamente personali, ognuno di noi le riterrà, giustamente, assolutamente prioritarie. Prima chi ha parenti in fin di vita, poi chi ha figli, poi gli altri? D’accordo, in una situazione di emergenza si pensa ai più deboli “prima donne e bambini”, ma siamo sicuri che paragonare un gruppo di lavoro ad una barca che affonda sia una buona strategia per far funzionare le cose? Sono curiosa di sapere come la pensi tu, se ti è mai capitato qualcosa di simile e se la tua esperienza è simile o meno alla mia. Sei genitore? Meglio ancora, perché la tua opinione mi interessa moltissimo. Ti aspetto nei commenti 🙂

 

 

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