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Emozioni

Madre contro figlia. Curarsi le ferite e andare avanti

By Marzo 4, 2021No Comments

L’ultimo capitolo di questa storia è stato l’invio tramite mio fratello (ambasciator non porta pena) delle mie foto da bambina, da sola o insieme a mio padre, strappate una per una dagli album di famiglia. C’era anche la foto incorniciata con il Pignolo che avevo regalato ai miei qualche Natale fa. Un modo per cancellarci dalla sua esistenza? Io la vedo così. Questo è l’ennesimo bel messaggio della donna che mi ha partorito e che quasi 43 anni fa è diventata madre senza evidentemente trasformarsi mai in mamma.

mamma

Eva contro Eva, sempre e per sempre

Mia madre è la donna che quando non ero ancora adolescente mi ha rinfacciato di essersi sposata solo perché già incinta di me. Penso non mi abbia mai perdonata per essere nata. E’ la donna che mi ha dato della mignotta più e più volte, che mi ha scaraventato addosso di tutto, che mi ha accusato di qualunque cosa. Di non essere abbastanza bella, abbastanza femminile, abbastanza intelligente, abbastanza in gamba per essere quella che lei avrebbe voluto diventassi. Cosa? Non ne ho idea, e probabilmente non lo ha mai saputo neanche lei. Se mi impegnavo nello sport inseguendo il mio sogno olimpico, ero un’esaltata. Se volevo mollare, ero una perdente. “Ti sei rotta il ginocchio? Evviva, così la smetti di giocare a pallavolo”, “Il tuo cane è morto? Sei tu che sei un’assassina”, “Ti sei rotta il piede? In ospedale vacci da sola”. I commenti ai miei infortuni in 25 anni di sport agonistico sono una galleria degli orrori. Se apro il cellulare con i suoi SMS trovo questa roba e anche tanto di peggio. E prima dei telefonini c’erano i messaggi scritti sui fogli di carta e i post-it attaccati in camera.

mamma e figlio bicicletta

Il passato che ritorna

Mia madre è la donna che mi raccontava di quanto la sua l’avesse maltrattata, umiliata e ferita. Credo non si sia mai resa conto, neanche oggi, di aver replicato in tutto e per tutto lo stesso identico copione. Troppo presa ad invidiare chiunque le fosse vicino, a sentirsi sempre una vittima degli altri per godere del bello che la vita, nonostante tutto, le potesse riservare. Che le difficoltà le incontriamo tutti, è come le affrontiamo a fare la differenza.

Le ferite, come ne sono guarita

A salvarmi da questo rapporto tossico sono stati mio nonno e mio padre. Mio nonno, che conosceva bene la figlia, è sempre stato lo scoglio al quale da piccola mi sono potuta attaccare. La carezza, la spalla su cui piangere, l’affetto ma anche la disciplina di cui hai bisogno in certi momenti per capire quale sia la strada giusta da prendere. Mio padre ha dovuto fare un suo percorso prima di poter capire cosa stesse succedendo con me, arrivando fino alla conclusione di aver amato per tutta la vita la persona sbagliata. Me lo disse domenica 10 dicembre 2017, pochi giorni prima di morire. Non posso dimenticare quell’ultima chiacchierata con lui al bar del quartiere mentre prendevamo un tè. Probabilmente ho sbagliato a non chiedergli aiuto prima esplicitamente ma mi sembrava impossibile che, nei nostri tira e molla continui, lui non prendesse mai posizione. Mi chiamava al telefono di nascosto per non farsi sentire da lei. Questo mi faceva arrabbiare più di ogni altra cosa. Quando ha capito, mi ha liberata dai miei demoni dicendo solo poche parole: “Una madre non ce l’hai, fattene una ragione e vivrai meglio”. E’ scattato qualcosa, mi ha sbloccata. Mi sono sentita sollevata, ha spento quella vocina che prima c’era sempre a dirmi che qualcosa in fondo dovevo aver fatto per meritare tutto quel disprezzo, no? E invece no, il problema è lei, non io. Non posso certo chiedere scusa per essere nata.

mamma pinguino

Quello che non conosci, non ti manca

La psicologa che si occupò di papà durante la sua malattia mi disse di smettere di aspettarmi qualcosa da mia madre che non sarebbe mai potuto arrivare. Ho seguito il consiglio. Non è stato neanche così difficile come forse potresti pensare. Se quell’amore non lo conosci, non può mancarti davvero. Credo anche che a darmi una grossa mano sia stato il mio spirito indipendente.

Quando essere te stessa ti salva

Ricordo che all’asilo mi toglievo i fiocchi che lei mi infilava nei capelli, che non volevo il grembiule e la cartella rosa perché a me piace il blu. Mi trattava come se fossi un diavolo ribelle. Ero solo me stessa. Non ho mai fatto qualcosa perché la facevano gli altri. Il giorno della prima comunione tutte le bimbe erano conciate come piccole spose. Io “ribaltai” il negozio e ne uscii vestita come volevo, da marinaretta. In mezzo ad un mare di damine inquietanti indossavo fiera la mia bella giacca blu con il bavero bianco. Credo che mio nonno e mio padre non abbiano mai riso tanto. Le nonne forse meno. Dall’anno dopo la parrocchia decise che tutti i bambini avrebbero indossato un saio bianco, chissà se è stata colpa mia!

Madre contro figlia, riaffiorano i ricordi

Nell’ultimo scatolone che mi ha fatto recapitare ho trovato due letterine scritte ai miei genitori per Natale. Mi ha fatto tenerezza rileggere le parole di una bambina che non desidera regali ma solo affetto e un ambiente sereno. Nella prima chiedo a mia madre di venire a svegliarmi la mattina perché non mi piace farlo da sola. Nella seconda prego entrambi di litigare meno. A distanza di anni si sono sbloccati un sacco di ricordi di quello che succedeva in casa… Ricordo le colazioni e le cene in solitaria. Nel primo caso, un bicchiere di latte zuccherato lasciato sul lavandino. Sembrava lo facesse apposta: lo zucchero mi ha sempre disgustato, eppure non c’era verso di averlo senza. Lei ce lo metteva lo stesso. Così il mio latte finiva dritto nello scarico del lavandino, facendo attenzione a non fare rumore in modo che non se ne accorgesse (io piccolo genio del male). Ricordo l’uovo accanto alla padella quando tornavo dagli allenamenti dopo l’orario di cena e quindi dovevo arrangiarmi. Onestamente, il mio gatto lo tratto molto meglio.

mamma elefante

Finalmente libera

Perché oggi scrivo tutto questo? Raccontare può servire a qualcuno, come è capitato per la malattia e la morte di papà, e perché ormai è una storia che non mi appartiene più. Sono libera di essere come sono, con i miei pregi e i miei difetti. Sono felice della mia vita, nonostante lei. Ho perdonato? Non credo, ho semplicemente chiuso un cassetto e deciso di non lasciarmi ferire più da mia madre. Di trattare questa faida come se l’avessi letta in un libro. Ho disinnescato, io che sono sempre una miccia pronta ad accendersi, e sono andata per la mia strada. Ho imparato che non sempre vale la pena di lottare per cambiare le cose. I mulini a vento li lascio ai Don Chisciotte.

“Pur sempre mia madre”

Ogni tanto Il Pignolo mi ricorda che si tratta pur sempre di mia madre; forse chi ha avuto genitori affettuosi non può capire che a un certo punto per salvarti, devi essere tu, per prima, ad impedire che ti venga fatto del male. Anche se a fartelo è sempre stato chi ti ha messo al mondo. Si impara a chiudere la porta dietro di noi, a buttare la chiave e andare via. Dove finalmente ci si sente in pace.

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